Non poco, tuttavia, su di lui, almeno per quanto riguarda i suoi atteggiamenti
concreti, dovette agire il clima politico, civile e culturale in cui era immersa To-
rino, che, in quegli anni, raccogliendo le istanze illuministiche che erano state
di Alfieri e Baretti, rivivendo l’anima risorgimentale e ottocentesca di D’Azeglio
e Cavour, aderiva ormai a tutta la problematica operaia e socialista dei primi del
Novecento. E fu la città più antifascista d’Italia, in cui poterono affermarsi l’e-
gemonia intellettuale di Antonio Gramsci, attraverso la rivista “Ordine nuovo”
(1919-20), e l’egemonia intellettuale di Piero Gobetti, attraverso le riviste “Ener-
gie nuove” (1918-20), la “Rivoluzione liberale” (1922-25) e il “Baretti” (1924).
Intorno a questi due “campioni” della cultura torinese, legati peraltro da senti-
menti di stima e di amicizia reciproca, emergevano complesse e forti personali-
tà quali Carlo e Nello Rosselli, Angelo Tasca e Palmiro Togliatti, Augusto Monti
e Giulio Einaudi, Riccardo Bauer e Nicola Chiaromonte, Natalino Sapegno e
Cesare Pavese, Riccardo Foa e Leone Ginzburg…
Non è meraviglia, perciò, che, stante questo contesto politico e culturale, pro-
prio su Torino si concentrò l’attenzione repressiva del fascismo Già all’indoma-
ni della marcia su Roma, in data 18 dicembre, c’era stato l’eccidio di Brandimar-
te, con undici morti e la devastazione della Camera del Lavoro e del Circolo dei
ferrovieri. Piero Gobetti, nel settembre del 1924, fu oggetto di aggressione da
parte di squadracce fasciste. Sarebbe morto a soli 25 anni, a Parigi, nel febbraio
del 1926, a seguito delle percosse subite. I fratelli Rosselli, costretti a rifugiarsi
anch’essi a Parigi, furono lì ammazzati nel 1937.